Calendario Celtico

Gli Arcieri di YR, per il calcolo del tempo, adottano il Calendario Celtico.

Gli antichi popoli del Nord Europa avevano una concezione del tempo ben differente da quella odierna, il tempo era ciclico e si snodava in spirali.
Quindi passato, presente e futuro non si susseguivano in linea retta, ma tornavano ciclicamente ad intersecarsi.
Questi popoli vivevano in stretto contatto con la natura e ne osservavano i cicli: dopo l’inverno tornava sempre la primavera, il seme diveniva fiore, poi frutto e nuovamente seme.
Lo stesso valeva per i cicli astronomici lunari e solari.

Il Calendario di Coligny
A testimonianza del livello di conoscenza a tale riguardo, resta, unico esempio scritto, una serie di frammenti di una tavola di bronzo, rinvenuti nel 1897 a Coligny, nella regione dell’Ain (l’antica terra dei Galli Ambarri) nel Sud della Francia, e fatti risalire al II secolo d. C..
Sull’antica tavola di bronzo erano annotati in sequenza i giorni dell’anno suddivisi in 12 mesi così ripartiti: 7 mesi da 30 giorni e 5 da 29, per un totale di 355 giorni ed una media di 29,58 giorni per mese.
Questa suddivisione si deve al fatto che il calendario celtico tradizionale era un calendario lunare, cioè assumeva come suddivisione fondamentale il ciclo delle fasi lunari o “mese sinodico” (ricordiamo che la sua durata dipende dalla velocità della Terra intorno al Sole, e il fatto che quest’ultima varia compatibilmente alla seconda legge di Keplero provoca la sua variazione da una durata minima di 28 giorni a un massimo di 31, con una durata media di 29,53);
I suoi 12 mesi, i cui nomi erano Samonios (30 giorni a partire dalla prima metà di Novembre), Dumannios (29), Rivros (30), Anagantios (29), Ogronios (30), Cutios (30), Giamonios (29), Simivisonios (30), Equos (30), Elembiuos (29), Edrinios (30), Cantlos (29), venivano fatti iniziare al primo quarto di Luna ed erano suddivisi non in settimane, come per noi, ma ciascuno in due parti, di cui la prima era di 15 giorni e la seconda, che aveva inizio all’ultimo quarto dello stesso ciclo lunare, aveva una durata di 14 o 15 giorni.
Nel calendario di Coligny le due quindicine sono separate dalla dicitura Atenoux, cioè “luna nuova” o “ritorno al buio” o “rinnovamento” (in quanto, mentre la prima conteneva la fase di luna piena, nella seconda era inclusa quella di luna nuova). I mesi di 30 giorni era ritenuti Mat, o fortunati, quelli di 29 giorni erano Anmat o Ambilis, ovvero infausti.
La differenza di durata tra l’anno lunare celtico e l’anno solare di 365,2 giorni determinava la necessità di un adeguamento del calendario, che veniva effettuato aggiungendo un mese ulteriore di 30 giorni ogni 30 mesi sinodici lunari. Ad una approfondita analisi questa scelta pare grossolanamente approssimativa anche tenendo conto dell’aggiunta resa necessaria dal fatto che i mesi del calendario celtico non iniziavano con la luna nuova, ma con la luna al primo quarto (sarebbe stato meglio se mai, aggiungere un mese “corto” di 29 giorni ogni 30 lunazioni); tuttavia è difficile pensare che i druidi, noti come profondi conoscitori della matematica pitagorica e dell’astronomia, avessero compiuto un simile errore.
Una possibile via d’uscita da questa questione ci viene allora fornita da una frase della “Naturalis Historia” di Plinio il Vecchio, in cui si fa riferimento all’antichissimo rituale celtico della raccolta del vischio: «È poi questo (il vischio) molto raro a trovarsi e una volta trovato è raccolto con gran pompa religiosa e innanzi tutto al sesto giorno della Luna, che segna per questi gli inizi dei mesi, degli anni e dei secoli, che durano trenta anni, giorno scelto perché la Luna ha già tutte le sue forze senza essere a metà del suo corso».
Il sesto giorno della Luna corrisponde all’avvento della fase di primo quarto, scelta come inizio dei mesi, degli anni e di un ciclo più lungo della durata di 30 anni, che Plinio chiama saeculum.
Intorno alla scelta di questo periodo si discute ancora; di certo se non vi fossero altre correzioni oltre a quelle già citate, alla fine di un “secolo” celtico lo sfasamento tra il calendario lunare e il ciclo solare sarebbe notevole, e del resto uno dei principali problemi del calendario celtico era lo scorrimento progressivo dei mesi rispetto alle stagioni. Però il fatto che nel calendario di Coligny accanto a tutti i giorni dei mesi aggiuntivi sia annotato il nome di uno dei 12 mesi nella loro esatta successione, e che vi sia anche una fila di fori in cui potevano essere inserite delle asticelle, utili probabilmente ad eseguire un conteggio, ci dice che forse quel lungo periodo era stato scelto perché al suo interno con una opportuna strategia computazionale, peraltro ancora ignota, si potesse ricondurre l’inizio dell’anno celtico all’inizio del ciclo solare.
Ma c’è è dell’altro: la Luna era, dunque, astro di primaria importanza per i Celti (molti popoli di origine celtica festeggiavano divinità particolari oppure si riunivano per prendere decisioni importanti durante il plenilunio). Perciò i druidi si dedicarono anche allo studio del fenomeno delle eclissi e alla sua periodicità (in particolare alla determinazione della periodicità delle eclissi, le uniche che allora si potessero studiare compiutamente, dal momento che le eclissi di Sole possono essere viste soltanto in una parte ridotta della superficie terrestre).
Oggi sappiamo che esistono 4 tipi di periodicità delle eclissi di luna (ad ogni periodo si ripete un tipo particolare di sequenza cronologica di eclissi). Uno di questi 4 periodi, l’Inex, ha la durata di 358 lunazioni, circa 30 anni celtici: esso potrebbe essere il saeculum druidico.

 

Le Festività

L'anno celtico era diviso in feste solari e lunari.
I solstizi e gli equinozi solari erano i punti che segnavano il percorso del sole: massima altezza nel solstizio d'estate, minima nel solstizio d'inverno, e intermedia agli equinozi.

Le Feste Lunari o Feste di fuoco celtiche, le antiche Samhain (31 ottobre/1º novembre) e Beltain (30 aprile/1º maggio) erano le due feste più importanti del calendario celtico, perché segnavano la divisione dell'anno in due parti: la metà oscura e quella luminosa (inverno ed estate).
I celti festeggiavano il nuovo anno a Samhain, oggi celebrato come Halloween o festa di Ognissanti, che segnava anche l'inizio dell'inverno.
Un'altra festa, Oimelc (o Imbolc) (31 gennaio/1º febbraio), indicava l'allontanamento dell'inverno e caratterizzava un periodo in cui si celebravano poche feste tribali, ad eccezione di quelle femminili, legate alla fertilità.
Beltain, o Vigilia di maggio, coincideva con l'inizio dell'estate e si svolgeva sotto la protezione dello Splendente, cioè il dio Belanu.

Samhain
L’irlandese Samhain o il gallico Trinvxtion Samoni Sindivos (da cui il nome del primo mese dell’anno) si collocava in un periodo variabile a cavallo tra la fine di Ottobre e l’inizio di Novembre e segnava l’inizio dell’anno Celtico.
Esso segnava il periodo in cui, conclusa la semina, occorreva raccogliere le provviste per il duro inverno, valutarne la quantità e decidere quanto bestiame si doveva uccidere, perché il cibo non sarebbe bastato per tutti i capi. Le carne del bestiame ucciso dovevano essere predisposte alla conservazione mediante salatura e all’utilizzazione durante l’inverno.
Da ciò deriva la pratica in uso ancora presso le nostre campagne di uccidere il maiale e di preparare insaccati salandone le carni nel mese di Novembre.
Il Samhain veniva celebrato a partire dal tramonto (il giorno per i Celti dell’Europa nordoccidentale cominciava con la notte e finiva con il tramonto seguente) con l’accensione di fuochi propiziatori; in Irlanda essi erano dedicati a Cailleach, la multiforme strega della mitologia irlandese, dominatrice dell’inverno. Il Samhain era anche l’occasione per le tribù di riunirsi intorno al fuoco ove la fantasia creava storie fantastiche di eroi e di creature soprannaturali. Nella mitologia popolare al tramonto del Samhain le porte dell’aldilà, il Sidhe, si aprivano e strane creature si affacciavano sui poggi, basse colline del paesaggio naturale britannico avvolte nella nebbia; si narrava anche che esse talvolta avessero assunto meravigliose forme femminili (le banshees o “donne del Sidhe”) e si fossero accoppiate con uomini mortali generando stirpi di eroi.

Yule
segna la rinascita del Dio per intercessione della Dea.
Si svolge nel solstizio d’inverno, il giorno più buio di tutto l’anno, si considera che da questa data in poi la condizione dei terreni coltivabili non possa che migliorare e tutte le attività riprendono il loro ritmo.
Alcuni studiosi ritengono che anche Mitra fosse nato in questo giorno, e che i cristiani abbiano tentato di sovrascrivervi il Natale non riuscendo a cancellare la festività.

Imbolc
L’Oimelc o Imbolic o Imbolc o anche Candlemas (da cui è derivato il termine che qualifica la festa tradizionale padana della “Candelora”), consacrata in Irlanda forse alla dea Brigit, dea della sapienza figlia della Grande Madre e di Dagda, dio saggio e buono, era la festa in cui si stabiliva un bilancio dell’inverno appena trascorso e si cominciava ad organizzare la ripresa delle attività umane.
Nella scarsa mitologia celtica al riguardo, essa rappresenta il cedimento delle forze dell’inverno davanti all’avanzare della primavera con le sue tipiche manifestazioni naturali (in particolare piogge e temporali che accelerano il disgelo).
Viene celebrata in un periodo collocato a cavallo tra la fine di Gennaio e l’inizio di Febbraio.

Ostara
è l’equinozio di primavera, il Dio si avvia al suo massimo splendore e la Dea porta nuova vita.
Simboleggia l’allungarsi delle giornate e l’arrivo di nuove gemme sulle piante.

Beltane
Il Beltain o Beltane, celebrato nei primi giorni di Maggio, è invece la Festa del dio Belenos, dio virtuoso, al cui splendore e alla cui forza sono dedicati i falò rituali che vengono accesi al tramonto, all’inizio del giorno della festa. Essi non sono più, dunque, il tentativo timoroso di placare una divinità temibile, ma manifestazioni celebrative della forza di un dio benevolo e amato.
Il Beltain segna l’inizio del raccolto, quindi di un periodo non solo di duro lavoro, ma anche di buon clima e di abbondanza e prosperità. La tradizione celtica vuole che anche allora, come per il Samhain, si aprano le porte del Sidhe e ne escano creature incantate, ma le leggende del Beltain narrano delle vittorie degli eroi sugli incantesimi.

Litha
è il solstizio d'estate, celebrato il 21 o 22 giugno. E' il momento dell'unione di cielo e terra, è la festa del Sole e della Luna nella loro condivisone della giornata, in equilibrio tra le manifeste forze della luce e le invisibili forze del buio; è simbolo della centratura e del bilanciamento.

Lughnasad
Nel mese di Agosto (in un periodo lievemente antecedente il Ferragosto odierno) viene celebrato il Lughnasad, una festa che saluta la fine del lavoro nei campi e segna l’inizio di un periodo destinato al riposo, alle gare di abilità o atletiche, ma anche alle guerre.
E’ il periodo dei corteggiamenti e dei matrimoni, ma anche quello in cui vengono risolti i contenziosi giudiziari in sospeso.
Il Lughnasad è la festa dedicata al dio Lugh, lo “splendente”, o “colui che è abile in tutte le arti” (in un episodio della mitologia irlandese egli si proclama, con molta modestia, «un fabbro, un campione, un arpista, un eroe, un poeta, uno storico, un medico, un mago»).

Mabon
equinozio d'autunno, celebrato il 20 o 21 settembre, è un altro passaggio, un'altra festa associata al viaggio verso l'oscuro, al tempo di venire in contatto, senza paura, con la nostra ombra o col mondo invisibile. Rappresenta un momento di ringraziamento totale alla Natura, alla Terra, alla Luna, al Sole, agli avi ed anche a noi stessi.

Le quattro Feste dei fuochi cadevano, come s'è visto, in periodi poco significativi per l'agricoltura, ma consideravano con attenzione quelli importanti per la pastorizia e l'allevamento.
Due di esse, Samhain e Beltane, erano considerate maschili, Imbolc e Lughnasadh femminili; tutte erano celebrate per tre notti (prima, durante e dopo il giorno effettivo della ricorrenza) poiché il triplice è simbolo del divino.
I quattro equinozi/solstizi non erano festività celtiche in senso stretto: erano celebrazioni presenti nella tradizione di molti popoli ed adottate anche dai Celti.

Caccia con l'arco

Stefano Benini  

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